Quello della moda è uno dei sistemi che, nonostante sia tenuto in vita dalla creatività che scorre al suo interno, è segnato continuamente da stereotipi e regole più o meno implicite, in nome del marketing e non solo: la taglia delle modelle, il numero delle stagioni moda da presentare, la canonica presentazione/sfilata.
Negli ultimi anni tuttavia, ognuno di questi punti è stato messo in discussione e rivoluzionato da una lunga serie di direttori artistici, come per ripensare i contenuti stessi portati avanti dalla moda attraverso la loro forma: «Il medium è il messaggio», come affermava il filosofo Marshall McLuhan, e il fashion month appena concluso ci ha regalato diverse sfilate (nella gallery) dal concept sorprendente, rimescolando le carte dell’industria a partire da una visione spettacolare della messa in scena e dalla potenza narrativa spesso dirompente.
Louis Vuitton
Per la collezione Autunno/Inverno 2020-21, Nicolas Ghesquière ha esplorato un paradosso ai limiti del surreale: cosa accadrebbe se le innumerevoli epoche che hanno alimentato la moda si unissero tutte in un unico «qui ed ora»? Per immaginare la risposta a questa inusuale domanda, la sfilata all’interno del Musée du Louvre è stata messa in scena sullo sfondo di una tribuna con ben 200 personaggi, dove ognuno di essi sfoggiava un costume d’epoca, oscillando dal 1400 al 1950: una vera e propria installazione umana realizzata da Milena Canonero, celebre costumista dei film di Stanley Kubrick, tra cui Arancia Meccanica e Shining.
Il titolo dell’opera, Three Hundred and Twenty, si riferisce al numero degli anni compresi tra i vari movimenti citati, rappresentando il confronto tra storia e libertà contemporanee in un gioioso scontro di stili e abbinamenti inaspettati. Un nuovo modo di vestire senza protocolli, in cui è la personalità individuale a scrivere la propria storia, e la vera attitudine è… l’anacronismo.
LEGGI ANCHE
Louis Vuitton, la sfilata Autunno/Inverno 2020-21
Issey Miyake
Per la sua prima collezione autunnale come direttore artistico, Satoshi Kondo ha dichiarato di voler canalizzare la speranza e l’energia per il futuro e, in linea con la filosofia della maison giapponese, «mostrare il rapporto tra il corpo, gli abiti e lo spazio tra di loro». Gli abiti diventano espressione di gioia, come lascia intuire il titolo della collezione, Making Speaking, Speaking Making, ma anche un’enfasi sull’individualità. In che modo la creazione può unificare le diversità tra esseri umani? Lo sfondo del fashion show ha voluto rappresentare questa reinterpretazione dei confini: un lenzuolo bianco con il contorno nero di due figure umane, entrambi strappati per lasciare spazio a un gruppo di modelli che riprendevano questa lineare estetica bicolor, in look total white con cuciture e bordature nere. La definizione netta è stata poi seguita da look colorati e minimalisti, e contraddetta definitivamente dalla divertente maglieria senza cuciture, che legava i modelli tra di loro dalle maniche o dai polsini, o addirittura in maglioni pensati da indossare in due. Sino a creare un unico grande filone di creazioni, e umani, uniti tra di loro.
LEGGI ANCHE
Issey Miyake, la sfilata Autunno/Inverno 2020-21
Balenciaga
Quale modo migliore per sensibilizzare l’industria della moda all’urgenza della crisi climatica, se non immergere il catwalk nell’acqua, per simulare l’innalzamento dei mari? Arrivati al fashion show di Balenciaga a Parigi, gli ospiti si sono ritrovati all’interno di uno stadio sportivo al buio, con rigide istruzioni sul procedere a partire dalla terza fila. Quando le luci si sono accese, il perché di questo spazio off-limits è diventato chiaro: i posti e il palco al centro della stanza erano sott’acqua. Sopra di esso, uno spettacolo di nuvole vorticose è stato proiettato sul soffitto, seguito da immagini della Terra dallo spazio e dalle onde oceaniche, con una tetra colonna sonora a definire ulteriormente il mood apocalittico della sfilata: un’atmosfera che, tuttavia, si trovava in contrasto con gli abiti, decisamente più eccentrici che cupi. In ogni caso, un concept che ha parlato forte e chiaro.
LEGGI ANCHE
Balenciaga, la sfilata Autunno/Inverno 2020-21
Saint Laurent
La parola chiave della sfilata Autunno/Inverno 2020-21 firmata da Anthony Vaccarello è principalmente una: latex. Un materiale rischioso, attillato e audace che è stato il vero protagonista della nuova collezione, ma che va ben al di là della pura estetica, incarnando una sensualità poco velata e in curioso dialogo con i capi bourgeois presentati in passerella.
L’ispirazione proviene dagli anni ’60, e in particolare dalle creazioni della cosiddetta Space Age di Pierre Cardin e André Courrèges, sviluppata anche nella concezione della sfilata stessa: un occhiolino al voyeurismo di questo decennio, rappresentato dalle modelle su uno sfondo curvo, i cui singoli look potevano essere visti da una sola, bidimensionale prospettiva laterale, attraverso degli oculi luminosi.
LEGGI ANCHE
Saint Laurent, la sfilata Autunno/Inverno 2020-21
Gucci
Alessandro Michele ha dedicato la sua collezione autunnale al concetto di rituale indagato da più prospettive, da quella religiosa a quella più teatrale: il set della sfilata ne rifletteva la natura circolare, con l’installazione di un’enorme pedana racchiusa da un velo rosa opaco. La cerimonia della sfilata è andata in scena sì, ma a partire dal backstage a cui, di norma, il pubblico non assiste: è in questa giostra rotante che i modelli vengono vestiti, dando pian piano forma alla collezione Autunno/Inverno 2020-21.
Una liturgia a metà tra sacro e profano, narrata in sottofondo prima dalla voce di Federico Fellini, durante un suo discorso sulla sacralità del cinema e i suoi rituali, e poi dal Bolero di Ravel: una marcia che sembra andare avanti indefinitamente, proprio come la moda.
LEGGI ANCHE
Gucci, la sfilata Autunno/Inverno 2020-21
Versace
Presentando per la prima volta le collezioni ready-to-wear e menswear sulla stessa passerella, Donatella Versace ha voluto rendere omaggio all’identità poliedrica e multi-sfaccettata, che si esprime nella moda a prescindere dal genere. Per mettere in scena questa visione, il pubblico è stato diviso in due ali di tribune, divise da un gigantesco video wall in cui sono stati proiettati in tempo reale proprio gli ospiti alla sfilata in versione distorta, fluida, seguiti dai loghi in movimento della maison e dai pattern più iconici, dando vita a un meta-show incredibilmente surreale. Sui maxi schermi anche il viso di Donatella Versace ripetuto all’infinito, ma sempre differente, in un digitale stile Warholiano. Effetti speciali per mettere in discussione, forse, la riproduzione della realtà nella moda e non solo.
LEGGI ANCHE
ARTICOLO TERMINATO!
E come sempre ti raccomandiamo: se hai domande,dubbi, chiarimenti di qualsiasi tipo, scrivici nei commenti o lascia la tua valutazione! Il team di gomoda è al tuo servizio per la scelta del prodotto migliore. Un saluto!