Spesso basta davvero poco per scatenare un vero e proprio déjà-vu, quella sensazione di aver già vissuto in prima persona qualcosa che, invece, si sta verificando in quell’esatto momento: un fenomeno che, con le «sole» parole, è riuscito a creare l’account Instagram di Fecondazione Prada, in particolare per coloro che lavorano o orbitano attorno all’industria moda a Milano.
Con il suo approccio più focalizzato alla sostanza che alla forma, la pagina sta riscuotendo un successo sempre più grande, conquistando anche le attenzioni di Chiara Ferragni, una delle sue più grandi supporter. Ma non solo, perché con il suo sarcasmo e una scelta puntuale e concisa delle parole, Fecondazione Prada dà vita a una narrazione universale che anche chi non è vicino al mondo fashion riesce a comprendere, intervallata da esilaranti citazioni all’attualità pop. Con una leggerezza che rappresenta, in realtà, una sferzante critica – seppur sorridente – a una dimensione che chi ha creato l’account, ha vissuto molto da vicino. Quale catarsi migliore, quindi, del narrare in maniera personale e (decisamente) contemporanea le vicende di cui si è stati partecipi in maniera più o meno diretta, per metterne in luce il lato più caricaturale? Dopotutto, non bisogna dimenticare il potere di una semplice e consapevole risata, capace di esorcizzare anche… la più temibile Fashion Editor. Abbiamo parlato di questo e molto altro con l’autore della pagina, tra ispirazioni letterarie e un futuro su carta.
Com’è nata l’idea di creare la pagina? Il concept che aveva in mente all’inizio si è evoluto nel tempo?
«Arrivo dalla moda ma vorrei diventare uno scrittore. Mi è venuto spontaneo fare styling con le parole, usandole come accessori; abbino concetti con un’estetica precisa, funzionale all’effetto che voglio creare. Quando la pagina ha iniziato ad avere i primi riscontri (vorrei ringraziare tra gli altri Chiara Ferragni per avermi supportato fin dall’inizio) e la community ha iniziato a dialogare con me nei commenti o in maniera più intima in DM, ho capito che quello che stavo facendo era divertente ma anche utile».
Come e quando le è venuto in mente il nome Fecondazione Prada?
«Entrambe le parole che compongono il mio nome sono molto evocative: Vita e Moda. Giacomo Leopardi nel 1827 aveva già detto tutto quello che c’era da dire con il Dialogo della Moda e della Morte nelle sue Operette Morali. Immagino Fecondazione Prada come un nick name per la mia “drag-persona”, è una versione amplificata di me con super tacchi, super parrucca, super lingua e superpoteri».
Fecondazione Prada si nutre di stereotipi raccontati con ironia e, spesso, riferimenti pungenti: quanto, nei suoi post, è autobiografico?
«Sono un ragazzo gay della provincia, nato da genitori operai, immigrati dal sud. Da bambino immaginavo il mondo della moda come il castello delle fiabe, io principessa. Quando sono riuscito a inserirmi in questo settore mi sono scontrato con delle dinamiche spiacevoli che a volte mi hanno ferito e deluso. Non ho permesso a nessuno di rovinare quell’immagine idealizzata che avevo della moda e ho usato per combattere l’unica arma che possiedo, il cervello. L’ironia è fondamentale per sopportare il lato brutto della moda, ti aiuta a vedere le cose per quello che sono: piccolezze. Tu mi fai piangere, io ti faccio ridere!».
In poche parole riesce a evocare situazioni molto realistiche, soprattutto per chi vive il fashion system. Quali sono le categorie che le danno più ispirazione?
«Sicuramente le cose più divertenti si ascoltano nella sala trucco e parrucco, la stylist è chiaramente la regina di ogni shooting. I modelli meritano una voce e uscendo dal set i miei soggetti preferiti sono quelli che davvero spendono soldoni per vestirsi: il nostro mondo va avanti grazie a chi fa shopping».
Qual è la situazione più folle che ha visto o che le hanno raccontato?
«Fashion Editor (molto famosa) all’assistente: “Noi andiamo a pranzo, tu resta in guardaroba a sistemare, tanto non hai certo bisogno di mangiare…”. Ma per bilanciare la storia, perché la colpa non è mai da una parte sola, la stessa assistente un anno prima mi disse “Ucciderei mia nonna per lavorare per…”. Penso che in questo ambiente ci siano molti sadici ma anche qualche masochista».
In che modo pensa che l’ultimo anno abbia accentuato alcune assurdità del mondo della moda?
«L’ultimo anno è stato come il cliffhanger di una serie tv. Il colpo di scena è che la moda si è rivelata totalmente per quello che è, un’illusione. Abbiamo gradualmente privato la moda del suo ingrediente vitale, Il Mistero. Quest’anno in cui avevamo tutti bisogno di sognare purtroppo abbiamo capito che sotto gli occhiali da sole scuri della moda spesso c’è solo uno sguardo vuoto».
A parte l’ironia e la leggerezza, cosa vorrebbe che arrivasse come messaggio attraverso le sue parole?
«Arrivo dalla carta ma sono stato (finalmente) ascoltato su internet. Mi piacerebbe tornare sulla carta con un libro perché credo che sarebbe interessante spegnere per un attimo il cellulare, leggere la verità sulla moda e poi tornare online più autocritici verso quello che ci viene propinato. Che sia un oggetto costoso in maniera insensata, o la percezione distorta di come dovremmo essere per avere successo. Nella mia borsetta non manca mai la gentilezza, e l’umiltà è l’accessorio must-have di ogni stagione».
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