Questo articolo, in versione ridotta, è pubblicato sul numero 16 di Vanity Fair in edicola fino al 20 aprile 2021
Non è facile intervistarla. Lo sa perché?
«Perché ho fatto poche cose. E un po’ mi sono già raccontato…».
Le «poche cose» cui si riferisce Giovanni Maini sono le otto puntate della fortunata prima stagione di Summertime, serie targata Netflix che racconta le gesta sentimentali di un gruppo di ragazzi sotto gli ombrelloni delle spiagge romagnole, nelle quali interpreta Edoardo. Per il momento, è lì che lo abbiamo visto. Ma diciamo pure ammirato. E se pare troppo dover aspettare giugno per ritrovarlo nella seconda stagione, possiamo nel frattempo scoprirlo nei nuovi panni che veste per la serie Nudes, dal 20 aprile su Rai Play, che indaga il tema – purtroppo d’attualità – del revenge porn.
Allora mi capisce. L’intervista è nelle sue mani. Cenni biografici: nasce nel 2000 a Bologna.
«Nato e cresciuto, sì. Ci sto bene, anche se forse non è la città giusta per il lavoro che ho deciso di fare. Avrei voluto andare a Roma per frequentare un’Accademia, ma poi la pandemia… Voglio studiare, comunque. Voglio prepararmi bene».
Spesso i giovani dopo il primo successo si sentono già arrivati.
«Ho iniziato col massimo che potevo fare da principiante: una serie su una piattaforma mondiale, con un bel personaggio. E un livello sufficiente di recitazione».
Mi sembra fin troppo modesto.
«Non si è lamentato nessuno, diciamo».
Diciamo che è piaciuto molto.
«Sì, ma adesso è il momento di mettermi in grado di fare le cose per bene, con consapevolezza».
Perché l’hanno presa per Summertime, secondo lei?
«Hanno visto qualcosa? Nei 10 provini che ho fatto, hanno intuito il margine di miglioramento che c’era in me, forse».
Ho letto che è stata sua mamma a spingerla a fare il suo primo provino, per Volevo nascondermi. Che, però, non è andato bene.
«La cosa è stata un po’ romanzata. Non mi ha spinto, semplicemente sapeva che mi piace il cinema, ha letto su facebook che facevano dei provini e me l’ha detto. Tutto qui».
Un po’ la deve ringraziare, no?
«La ringrazierei comunque, a prescindere dai provini».
È un bolognese tipico?
«Non saprei cosa vuol dire».
Ha ragione. Sa, si dice che i bolognesi sappiano divertirsi.
«Ma sì, sono tranquilo. Mi piace fare balotta. Quella di Bologna è la dimensione perfetta, per un giovane».
Ha passato le sue estati in Riviera, come in Summertime?
«Abbastanza, conosco quel mondo. E poi ho i nonni romagnoli: uno di Ravenna e uno di Cesena, dove studiavo Ingegneria Biomedica».
Studiava?
«Penso che non sia la mia strada, sa? Ho deciso di lasciar perdere. Vorrei pagarmi l’affitto e la cena facendo l’attore».
Gli attori guadagnano anche di più, credo.
«Quello al momento basterebbe».
Con la pandemia, non si è goduto davvero il successo di Summertime.
«Mi è bastato quello che è arrivato: la gente comincia a riconoscermi in giro, chiede le foto…».
Le piace?
«Non mi dispiace, ma non vivo di quello. Mi piace di più il fare l’attore, che esserlo».
Che ambizioni ha, davvero?
«Dopo le serie tv, ora vorrei fare un film».
Da un ventenne ci si aspetterebbe più spavalderia.
«Sul lavoro sono molto umile. Credo sia una questione di educazione, non è una cosa che ti togli di dosso. E poi c’è la mia vita, che è un’altra cosa».
Ecco, parliamone. Come è?
«Divertente. Ho un sacco di amici. Adesso stiamo creando una sorta di collettivo di artisti, un’associazione, tra pittori, fumettisti, scultori, tatuatori».
Su Instagram si chiama Amolamiadonna.
«C’è sempre una donna da amare nella vita. La mamma, la sorella…».
Quando si è iscritto a Instagram chi era la donna in questione?
«Né la mamma né la sorella».
Nelle sue foto su instagram non ci sono mai caption. Dice, ma non dice.
«Non mi piace espormi troppo, darmi troppo».
Come ha vissuto quest’anno di lockdown?
«Di natura sono un po’ nomade, non mi piace molto stare a casa. Ora sto dalla mia ragazza».
A vent’anni già convive?
«Ci conosciamo da tanto…».
Si occupa delle cose di casa?
«Quel tanto che serve».
In una foto su instagram indossa una lunga gonna. Per i ragazzi della sua generazione è così importante la tematica del gender fluid?
«Al contrario. Ma mi spiego: la fluidità di genere è vissuta come una cosa normale, della quale non c’è proprio il bisogno di parlare, tanto è naturale e scontata. La generazione precedente forse ne parla molto perché ha ancora qualcosa da chiarirsi al riguardo».
Qualcosa che turbava è diventato la normalità: come è successo?
«Credo che finalmente la gente si sia accorta che i modi di pensare che sono sempre stati uguali a se stessi, non necessariamente fossero giusti».
Forse avevo dei pregiudizi, ma sa che non è come uno si aspetterebbe?
«Un ruolo, un profilo instagram, un articolo, non bastano per capire chi sia davvero una persona. É normale».
Se chiedessi alla sua ragazza come è Giovanni, che cosa risponderebbe?
«Non saprei. Non chiediamoglielo».
Da qui a 10 anni come si vede?
«Più bravo di adesso, intanto. Tra 10, ne avrò 31: bisogna farne di cose prima di compiere 31 anni!».
Ad esempio?
«Tutto quello che si può fare. Un film. Un cortometraggio. Forse andare a vivere a Milano., Odio pianificare».
Se fosse stato in me, che cosa si sarebbe chiesto?
Un silenzio lunghissimo.
«E poi me lo chiede?».
Posso anche non chiederglielo.
Un altro silenzio, ancora più lungo.
Lo vede, allora? Non è facile intervistarla.
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