Arrivato al cinema negli States il 30 giugno del 2006 (in Italia a ottobre dello stesso anno) Il diavolo veste Prada è stato uno tsunami modaiolo in piena regola i cui effetti sul guardaroba si rilevano ancora oggi. Non solo ha fornito fashion lesson epocali (i fiori per la primavera non sono innovativi, Gabbana si scrive con due «B» e non tutte le cinture ceruleo sono uguali), ma ha regalato a molte il sogno di avere un refresh di stile come quello che succede ad Andy Sachs/Anne Hathaway. O, ancora meglio, una giornata di shopping insieme alla costumista Patricia Fields, già adorata per i look di Sex and The City, con questa pellicola consacrata nell’Olimpo couture.
Lo switch modaiolo di Andy, da ragazza ordinaria e sciatta con indosso il pur celebre maglione infeltrito, a ragazza à la page elegante e raffinata, documentata attraverso mise che oggi sono pietre miliari di stile, ha dimostrato quanto i vestiti servano a esprimere se stesse, oltre al fatto che la combo look pazzeschi/intelligenza e determinazione non si escludono a vicenda, guardare Chiara Ferragni.
Il diavolo veste Prada, 15 anni dopo, rimane la rappresentazione più efficace del giornalismo di moda nella memoria collettiva. La temibile e temuta Miranda Priestly, come tutti sanno, è basata su Anne Wintour (anche se Meryl Streep ha dichiarato di essersi ispirata per il suo personaggio al look di Liz Tilberis, direttrice di Harper’s Bazar Usa, all’eleganza di Christine Lagarde, politica francese, e, per l’acconciatura, bianca per mettere in risalto gli outfit, alla modella over 70 Carmen dell’Orefice). Ma pochi sanno che in realtà non veste Prada ma, spesso, Donna Karan.
La Fields si è infatti rivolta alla stilista e amica, perlustrando i suoi archivi di moda alla ricerca di abiti anni 80 e 90 per creare il guardaroba del temuto direttore di Runway. Mentre altri designer si sono dimostrati meno generosi, forse preoccupati per quello che avrebbe potuto commentare la Wintour. La costumista ha messo comunque insieme ciò che poteva grazie suoi contatti, ma il budget per i costumi del film alla fine è arrivato a 1 milione di dollari.
La pellicola, oltre che sul fashion system, ha avuto anche un impatto culturale dal momento stesso in cui Miranda ha pronunciato il suo celeberrimo monologo sul ceruleo con indosso un meraviglioso giacchino bling bling che oggi fa davvero gola. I suoi dettagli alla moda imperano ancora adesso: indimenticabili i suoi occhiali oversize, i completi gessati, le eco-pellicce XXL.
Degnissima di nota, naturalmente, anche Emily Charton/Emily Blunt, prima assistente e fan dell’avanguardia pura, quella vera, manifestata da top scultorei abbinati a ombretti metal, cinture trendy (a sottolineare i risultati della dieta del cubetto di formaggio), spalline borchiate superlative in ensemble ai capelli ramati perfettamente pettinati.
Infine, Andy, regina degli outfit wannahave che non passano di moda. Lei che inizia la sua avventura di formazione sartorialmente scettica, convinta della frivolezze della moda con un look che rispecchia il suo cinismo. Ma i maglioni oversize e le T-shirt basic dell’inizio cedono il posto pian piano a un bisogno disperato di Chanel, Dolce & Gabbana, Valentino e altre griffe (grazie Nigel!). E dopo, tutte abbiamo sognato d’indossare almeno una volta nella vita una delle sue mise. Forse il cappotto doppiopetto verde dai profili animalier (piaciuto talmente alla stessa Hathaway che l’ha comprato prima che fosse messo all’asta) o il suo suo iconico blazer di tweed abbinato ai cuissard Chanel e alla borsa in crochet di Fendi.
Così per i 15 anni di questa pellicola adorata (per l’occasione c’è stata anche la reunion del cast) abbiamo ripassato nella gallery i 15 dettagli-à-porter ancora di grande tendenza sfoggiati dalle protagoniste. Perché il tempo passa, ma tutte ancora vorremmo essere loro.
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