Da quando la moda sostenibile è diventata un tema caldo, la notizia che classifica l’industria del fashion come la seconda più inquinante del pianeta ha fatto il giro del mondo. Le fonti da cui proviene sono più che autorevoli -la riporta il sito delle Nazioni Unite ed è citata nel documentario di Andrew Morgan The True Cost – eppure potrebbe non essere vera.

Le fake news

“Senza dubbio è facile e d’effetto affermare che la moda sia al secondo posto nella classifica delle industrie più inquinanti” ha scritto Vanessa Friedman nel suo articolo sul New York Times, in cui a Dicembre 2018 smentiva la notizia provando che non fosse fondata. Eppure i dati continuano a circolare come certi, in un continuo rimbalzo di fonti che, data l’autorevolezza, vengono prese per buone. Se ne riparla oggi che Alden Wicker ha riaperto la questione con il suo pezzo su Vox – lui che nel 2017 aveva già lanciato l’allarme su Racked – sottolineando come anche altre informazioni non siano mai state verificate:

  • dall’8 al 10 percento delle emissioni globali di gas serra proviene dall’industria della moda (la conseguenza è che inquina più di aerei e navi messi insieme);
  • la fashion industry produce e vende tra gli ottanta e i 150 miliardi di capi per anno;
  • quasi i tre quinti dei capi prodotti finisce negli inceneritori o nelle discariche dopo qualche anno dalla produzione.

Cosa è successo

È tutta colpa di una serie di citazioni non verificate. Come quella in cui è incappata Eileen Fisher, la celebre designer americana che sulla sostenibilità ha fondato il suo brand oltre 20 anni fa: quando la Friedman le ha chiesto dove avesse preso l’informazione  della “moda seconda solo al petrolio per emissioni di CO2″ riportata sul suo sito web, ha risposto che prima l’aveva acquisita dal documentario The True Cost, poi l’aveva ritrovata in un dibattito al Glasgow Caledonian Fair Fashion Center.

Anche la vice presidente del Glasgow Caledonian New York College ha poi confermato il film come fonte. Mentre il regista, intervistato a sua volta, ha riferito di aver ottenuto il dato durante il Copenhagen Fashion Summit del 2015 – la conferenza sulla sostenibilità della moda nata nel 2008 e ritenuta tra le più importanti del settore.

Così la Friedman è andata da Jonas Eder-Hansen, la direttrice degli affari pubblici di Global Fashion Agenda, il forum nato dal Copenhagen Fashion Summit: secondo lei la fonte originale del dato arrivava da un report del Deloitte consulting firm, comparso in Danimarca nel 2012 e ad oggi introvabile. Nonostante ciò l’articolo di Friedman non è bastato a bloccare la diffusione del dato. Eileen Fisher l’ha rimosso dal suo sito e il Copenhagen Fashion Summit ha smesso di citarlo, ma la molla mediatica era stata innescata.

Quanto inquina la moda

Il pezzo su Racked firmato da Alden Wicker si titolava “We Have No Idea How Bad Fashion Actually Is for the Environment. But it’s definitely not good” (Non abbiamo ideea di quanto la moda sia dannosa per l’ambiente. Ma di sicuro non gli fa bene). Ovvero, non crediate che l’infondatezza dei dati in circolazione migliori la situazione, semmai la peggiora: che la moda inquini è certo, ma al momento sembra non esistano analisi scientifiche esatte e verificate al riguardo, e comunicare dati inesatti compromette il suo cammino verso la sostenibilità. Il fashion business potrebbe davvero essere la seconda industria più inquinante del pianeta, ma il fatto che non sia stato dimostrato rende poco credibili tutti gli sforzi del sistema per migliorare il settore, e le smentite possono essere strumentalizzate dai negazionisti del cambiamento climatico.

Dalle emissioni di CO2 ai litri d’acqua utilizzati, oggi è più che mai importante basarsi su numeri e fatti che aiutino a ideare strategie mirate in tutti i settori della produzione e della distribuzione. Specialmente in un momento in cui i marchi sfruttano la sostenibilità come strategia di branding.

L’articolo La moda è la seconda industria più inquinante del pianeta. Ma è vero? sembra essere il primo su iO Donna.

ARTICOLO TERMINATO!

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