Probabilmente sapete già che la scelta di bere Coca Cola non è particolarmente salutare, fosse solo per tutte le sostanze chimiche artificiali che ingerite. Ma l’impatto sull’ambiente? A seguito di una recente catalogazione di Break Free From Plastic, Cola-Cola si conferma il più grande inquinatore di plastica al mondo per il secondo anno consecutivo. L’azienda si è rivelata responsabile del 6 per cento dei rifiuti in plastica con marchio ancora riconoscibile tra quelli raccolti, più dei tre top polluter mondiali (Nestlé, PepsiCo e Mondelēz) messi insieme.

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«Questo rapporto evidenzia l’enormità del problema e quanto lavoro in più dobbiamo fare per assicurarci di non inquinare gli oceani» dice a Vogue Libby Peake, consulente politica del centro di ricerca ambientale Green Alliance.

Coca-Cola si prefigge di recuperare il 100 per cento delle sue lattine e delle sue bottiglie entro il 2030. Un portavoce dell’azienda afferma: «Per noi è inaccettabile che i nostri imballaggi finiscano negli oceani o in qualunque altro luogo in cui non devono finire. In società con altri, stiamo cercando di affrontare il problema, contribuendo sia a fermare i rifiuti di plastica che finiscono negli oceani, sia a ripulire l’inquinamento esistente».

Tuttavia, secondo gli osservatori, le aziende come Coca-Cola dovrebbero affrontare il problema alla radice, e in fretta. «Le multinazionali devono ridurre la produzione di plastica monouso e cominciare a investire nelle ricariche e nel riuso perché è l’unico modo di affrontare la crisi dell’inquinamento da plastica», commenta Shilpi Chhotray, direttore delle comunicazioni di Break Free From Plastic.

I limiti del riciclo

Anche se Coca-Cola dichiara che le sue bottiglie di plastica sono riciclabili al 100 per cento, ma questo non va di pari passo con le reali possibilità di smaltimento appropriato e non tiene in considerazione i limiti dei processi di riciclo. Infatti, secondo uno studio del 2017, solo il 9 per cento della plastica prodotta è stato riciclato. «Riteniamo che il riciclo sia una falsa soluzione [per] le aziende, un modo di scagionarsi per questa dipendenza dal packaging usa e getta», dice Chhotray.

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«Essere riciclabile è una cosa, essere riciclato è un’altra» aggiunge Peake. «Il controllo che queste aziende possono esercitare una volta che l’imballaggio ha lasciato la loro catena di custodia è limitato. Si richiede da tempo un maggiore intervento del governo e il contributo delle imprese per assicurarsi che il materiale sia effettivamente riciclato».

Intanto Coca-Cola ha fissato l’obbiettivo di usare il 50 per cento del materiale riciclato per tutto il suo packaging entro il 2030, mentre Pepsi si è impegnata a usare il 25 per cento di materiale riciclato per i suoi imballaggi di plastica entro il 2025. Usare materiale riciclato, però, in sé non elimina gli attuali limiti del riciclo. «Usare più materiale riciclato è importante dove proprio occorre usarlo, ma non è la soluzione di cui abbiamo bisogno», commenta Peake.

E le alternative?

Le lattine di alluminio e le bottiglie di vetro sono spesso considerate alternative più ecologiche rispetto alla plastica, ma hanno anch’esse un notevole impatto ambientale. Le lattine di alluminio, che sono rivestite internamente di materiale plastico, in teoria sono completamente riciclabili, ma il loro tasso di riciclo in Europa è solo del 75 per cento. Secondo i calcoli del sito del governo britannico, la produzione di lattine di alluminio vergine produce il triplo delle emissioni di carbonio rispetto alle bottiglie di plastica, e l’estrazione dell’alluminio produce enormi quantità di rifiuti tossici.

Benché la produzione del vetro conduca a emissioni di carbonio inferiori, il trasporto delle bottiglie di vetro produce più emissioni rispetto ad alluminio e plastica perché le bottiglie sono molto più pesanti. Nel frattempo le bioplastiche, che sono fatte di materiali a base vegetale e tendono a essere compostabili, devono ancora essere smaltite in modo appropriato.

«C’è molta consapevolezza sui danni causati all’ambiente dall’inquinamento da plastica, ma quella consapevolezza non si estende ancora ad altri prodotti monouso», dice Peake. «È davvero importante che la gente si renda conto che tutti i materiali incidono sulla salute del pianeta nei vari stadi del loro ciclo di vita».

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Abbandonare il packaging monouso

In definitiva, occorre limitare gli imballaggi monouso e spostarci verso alternative basate sul riuso. «Non si tratta di cercare un semplice sostituto [alla plastica]», osserva Peake. «Si tratta di riflettere di più su come usiamo le risorse e non pensare che una sostanza qualsiasi ci permetterà di continuare all’infinito con questa cultura dell’usa e getta».

«Vogliamo che le multinazionali prendano in mano la situazione [e] investano grandi risorse sulle alternative basate sulla ricarica e sul riuso», aggiunge Chhotray. Anche i consumatori possono fare la loro parte. «Dobbiamo pretendere che le multinazionali si assumano le loro responsabilità», continua.