Quando la sera del 6 gennaio 1956 Grace Kelly ha varcato la soglia del Waldorf-Astoria di Park Avenue aveva da un giorno annunciato a sorpresa che presto si sarebbe sposata con il principe Ranieri di Monaco. Per partecipare al ballo di beneficenza A night in Monte Carlo indossò un abito da favola firmato da Christian Dior per quella che sarebbe passata alla storia come la loro festa di fidanzamento. L’attrice più in voga del momento avrebbe abbandonato di lì a breve la sua brillante carriera per l’uomo con più titoli del mondo per diventare a sua volta Sua Altezza Reale Serenissima la Principessa Grace di Monaco.
Continuano le grandi storie dei vestiti indossati dalle protagoniste di ieri e di oggi della scena reale. Nelle vene di Grace Kelly, così come in quelle di molte altre sue «colleghe», non scorreva sangue blu dalla nascita ma un grande senso dello stile. Abbiamo già ricordato nelle scorse settimane il tailleur bianco di Letizia Ortiz sfoggiato per l’annuncio del fidanzamento con Felipe e le paillettes di Jenny Packham con cui Kate Middleton ha debuttato a una cena di gala come duchessa di Cambridge. Abbiamo parlato anche di un’altra attrice americana allontanatasi da Hollywood per seguire il suo cuore quando abbiamo sviscerato i dettagli dell’abito di Oscar de la Renta visto su Meghan Markle nel tour australiano. Era una commoner anche Mary di Danimarca quando ha sposato il principe Frederik: pioniera del riuso del guardaroba, abbiamo seguito la sua passione per l’abito di velluto burgundy che tira fuori dall’armadio per le grandi occasioni. Lo storytelling applicato agli abiti non è però solo una faccenda da borghesi sposate bene. Lo dimostra il Coronation dress della regina Elisabetta e l’outfit da Elvis della principessa Diana così come il Nina Ricci passato dalla regina Silvia alla figlia Victoria 23 anni dopo.
La notizia di quel fidanzamento fu così dirompente perché di quel legame non sapeva nulla nessuno, nemmeno i suoi amici più stretti. Ranieri aveva 32 anni ed era uno degli scapoli più ambiti del mondo. Era davvero un principe in cerca di moglie: se non avesse garantito un erede, alla sua morte il suo regno sarebbe stato annesso alla Francia. Aristotele Onassis gestiva degli affari nella città-stato sulla Costa Azzurra e in una logica win-win per tutti aveva suggerito all’amico del principe sovrano di Monaco di sposarsi una star del cinema americano. Il magnate greco pare gli avesse suggerito il nome di Marylin Monroe ma prima che i due si potessero incontrare, il caso ha accompagnato Grace Kelly a Monte Carlo nella primavera del 1955 cambiando per sempre il destino della coppia.
A fare da Cupido fu Pierre Galante, giornalista di Paris Match ma anche marito di Olivia de Havilland. Grace Kelly era la star attesa sulla Croisette per il festival di Cannes e Galante non voleva lasciarsi sfuggire l’occasione di organizzare un servizio fotografico che vedeva protagonisti a Monaco l’attrice così rinomata e il principe, altra celebrità ma in un altro campionato.
«Grace è il sogno di tutti gli uomini, Ranieri III quello di tutte le donne. Sono entrambi single, sarebbe fantastico averli insieme in una foto» diceva il giornalista che la sapeva lunga. Il 6 maggio del 1955 un blackout manda all’aria i piani di Grace Kelly che all’ultimo dovette modificare alla bell’e meglio l’outfit che aveva preparato per l’evento. Dalla valigia estrasse l’unico vestito che non era sgualcito dal viaggio, un abito di seta nera non di particolare pregio, realizzato con una stampa floreale giudicata forse inappropriata per incontrare sua altezza.
Nonostante questo, l’appuntamento andò bene. Una volta tornata a New York, la giovane scrisse a Ranieri un biglietto di ringraziamento per il bel pomeriggio passato insieme. Quel gesto diede inizio a una fitta corrispondenza epistolare mantenuta riservatissima che bastò ai due per innamorarsi.
Quando Grace e Ranieri si incontrarono, lei appena venticinquenne aveva già in tasca un Oscar vinto qualche settimana prima e una nomination alla statuetta. Non male per un’attrice che quando è diventata popolare con La finestra sul cortile nel 1954 aveva recitato solo in quattro film. Nonostante questo, questa ragazza originaria di Philadelphia aveva conquistato tutti non solo per il suo talento ma anche per le sue scelte di moda. Il suo portamento già regale era stato forgiato dagli studi come danzatrice classica e da una breve esperienza da modella, un lavoro necessario per pagarsi i corsi di recitazione a New York. Alle audizioni si presentava con un paio di guanti bianchi e di lei si diceva che fosse in grado di nobilitare pure l’abbigliamento da zia fatto di maglioncini di lana e gonne scozzesi.
Anche uno dei suoi precedenti fidanzati le rimproverava questo look collegiale e la aiutò a costruire l’immagine da divinità che ancora oggi ricordiamo. Si trattava di Oleg Cassini, uno degli stilisti più affermati negli Stati Uniti, quello che scolpì lo stile di Jacqueline Kennedy facendola diventare un’indiscussa fashion icon. Per la sua Grace, Cassini aveva disegnato abiti dal sapore aristocratico che la proiettavano come gusto già in Europa. Quando però la coppia si presentò all’anteprima de La finestra sul cortile nel 1954, l’attrice già affermata predilesse l’abito Caracas di Christian Dior: un lungo vestito di seta nero reso memorabile dall’ampio colletto bianco perfettamente abbinato con un paio di guanti corti.
A quel tempo il couturier vestiva le più grandi celebrità non solo quelle da red carpet ma anche quelle delle case reali. «I miei vestiti rendono ogni donna una principessa» era solito dire Christian Dior ed era per questo che lo avevano scelto, oltre alla principessa Margaret e a Wallis Simpson, anche Rita Hayworth, Marlene Dietrich, Olivia de Havilland, Ava Gardner, Elizabeth Taylor e Ingrid Bergman. Quando la Dietrich fu chiamata da Hitchcock a recitare in Paura in palcoscenico aveva fatto scrivere nero su bianco che i suoi abiti di scena fossero disegnati da Christian Dior, affidando quindi i costumi a un sarto europeo e non a professionisti del mestiere. «No Dior, no Dietrich» diceva la grande attrice. E Grace Kelly, che di Hitchcock fu la musa, non poteva essere da meno.
A metà settembre 1955 si diffonde già la notizia che il 6 gennaio dell’anno successivo il Waldorf-Astoria avrebbe ospitato l’evento A Night in Monte Carlo, un ballo organizzato per raccogliere fondi a favore dei veterani ospedalizzati del Musicians Emergency Fund. Il motivo di tanta risonanza è che Ranieri di Monaco sarebbe stato l’ospite d’onore della serata. Il principe in occasione delle vacanze natalizie aveva però già più di un motivo di approdare in America. Il 28 dicembre 1955 avrebbe chiesto alla sua amata di sposarlo con un eternity ring di diamanti e rubini di Cartier (il primo dei due anelli con cui suggellò l’unione) a casa dei Kelly. Di fronte a un nugolo di giornalisti e fotografi, il 5 gennaio 1956 a Philadelphia Grace Kelly e Ranieri di Monaco, lei con un tailleur color champagne del brand Branell, resero pubblico non solo il loro amore ma anche le nozze imminenti.
La sera successiva, la festa di beneficenza si trasformò quindi a tutti gli effetti una festa di fidanzamento che sarebbe passata alla storia. Nel salone del Waldorf-Astoria fu allestito un palco reale (a detta di alcuni testimoni dell’epoca anche piuttosto kitsch) pronto ad accogliere il principe sovrano e la sua futura consorte splendida nella creazione di Christian Dior. È lecito pensare che l’outfit sia arrivata dalla Francia tramite il promesso sposo che quando si trattava di bellezza non badava a spese. L’abito era di un bianco virginale su cui spiccavano delle decorazioni a forma di orchidee. Là dove la purezza richiesta a una futura principessa se ne era andata, arrivava in soccorso uno dei colori su cui Dior imbastiva i suoi capolavori.
Anche i fiori che lo stilista credeva essere la cosa più affascinante creata da Dio dopo le donne, sono uno dei temi ricorrenti del couturier nato in Normandia e fortemente influenzato dal paesaggio naturale della sua terra. L’orchidea rappresenta qualcosa di estremamente prezioso e, nel linguaggio dei fiori, si dice voglia comunicare il ringraziamento per essere amati. In particolare le varianti bianche con macchie rosse si legano alla tradizione cristiana e sono presenti in chiesa in occasioni delle feste religiose.
La mano di Dior si sentiva sulla silhouette di Grace Kelly soprattutto nella vita ristretta che dava forza alla gonna ampia quasi da costume di scena. L’ensemble sembrava rispondere alla citazione attribuita a Dior che da giovane sognava di fare l’architetto ovvero «un vestito è come un pezzo di effimera architettura, disegnato per enfatizzare le proporzioni del corpo femminile». La scollatura a cuore del corpetto senza maniche era coperta dai fiori e risultava leggermente increspata mentre sul resto del vestito alcuni fiocchi creavano balze in tutta la lunghezza. Una stola di pelliccia copriva le spalle nude dove risaltava un doppio giro di perle e, immancabile, ciò che l’aveva resa famosa nel suo ambiente: un paio di guanti bianchi, stavolta però non coprivano a malapena i polsi ma si spingevano fino all’avambraccio. L’eleganza sbalorditiva di Grace Kelly in Dior quella sera è stata immortalata anche da Elliott Erwitt che ne ha catturato l’essenza fuori dagli scatti di rito. I due apparivano come due piccioncini ma il fotografo che definì Ranieri in quella circostanza «un uomo tozzo e sgradevole» voleva seguire l’attrice in una delle ultime performance fuori da palazzo.
In quel momento iniziò un sodalizio con la maison che avrebbe accompagnato la principessa Grace per tutta la sua breve vita. Piuttosto fedele a se stessa da sempre, non ha dovuto compiere un salto carpiato per quanto riguarda il suo stile già acclamato per classe e raffinatezza. Una delle prime commesse all’atelier del 30 di Avenue Montaigne fu l’abito indossato per il primo ritratto ufficiale scattato dal fotografo Yousuf Karsh. Con la morte del suo fondatore, Grace di Monaco non tradì Dior specialmente negli anni in cui Marc Bohan è stato direttore creativo e al bisogno di essere vestita si univa un senso profondo d’amicizia.
Il 13 settembre 1982 la principessa prese la macchina per fare delle commissioni insieme alla figlia Stephanie. Aveva lasciato a palazzo l’autista perché nel sedile posteriore aveva adagiato con cura gli abiti che le sarebbero serviti per gli impegni futuri e non li voleva sgualcire. Purtroppo in quella strada che conosceva così bene, in cui aveva anche recitato ai tempi di Caccia al ladro, trovò la morte a causa probabilmente di un ictus che la fece sbandare.
Grace Kelly abbandonò la sua vita terrena ma è il suo ricordo è immortale, specialmente per quanto riguarda la moda. La sua famiglia ha continuato e continua ancora a essere protagonista del glamour internazionale e le nipoti Charlotte Casiraghi e Pauline Ducruet sono rispettivamente testimonial di marchi del lusso importanti la prima e fondatrice di un brand genderless la seconda. Con buona pace delle nuove leve però, Grace Kelly è stata davvero unica in tutto. Principesse si potrà anche nascere ma non è scontato arrivare a quelle vette di stile e diventare una leggenda che non muore mai.
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