Oggi vi raccontiamo una storia di cui, forse, poche e pochi di voi sono a conoscenza: una storia di moda ma anche di empowerment, che ha come protagonista la prima donna ad aver attraversato l’Oceano Atlantico come pilota solitaria. Si tratta di Amelia Earhart, rivoluzionaria figura femminile i cui successi oltre le nuvole l’hanno resa una vera e propria icona mondiale, ma anche una donna d’affari esperta, proprio a partire dall’industria fashion: oggi, richiamando alla mente le star con una propria linea di abbigliamento, avremmo a disposizione un’infinità di nomi al nostro arsenale, ma negli anni ’30 fu proprio l’aviatrice a diventare una delle prime celebrità a lanciare il suo marchio. Ma cosa c’entra, vi chiederete, l’aviazione con la moda femminile?
L’omonimo brand di Amelia Earhart aveva, all’epoca, un enorme potenziale. Non solo per via della sua fama, ma anche della novità da lei incarnata, il cui successo ha raggiunto – letteralmente – le vette più alte in un ambito che fino a quel momento era appannaggio esclusivo degli uomini. Dopo essersi trovata a corto di fondi, e per assicurarsi che la sua carriera non si limitasse e finisse nell’aviazione e nei rischi che comportava, la pilota decise infatti di investire nella moda assieme al marito e manager Georges Charles Putnam: a partire da un’esigenza reale, quella di avere a disposizione degli indumenti da lavoro comodi e adatti alla sua silhouette, la Earhart ha dato vita e venduto un sogno, ovvero il desiderio delle altre donne di vestire come lei e sentirsi libere e indipendenti.
Una semplice opportunità di marketing, quindi? Niente affatto, perché l’aviatrice mostrò la sua passione per il fashion design già in tempi non sospetti: sebbene la sua linea di abbigliamento fosse un modo per finanziare le sue spedizioni, Amelia iniziò a disegnare dei capi femminili nei primi anni della sua carriera, quando era costretta a indossare delle tute da aviazione progettate per gli uomini perché non vi era nient’altro a disposizione. Per questo motivo, la pilota ideò una tuta da aviazione in due pezzi proponendola alle Ninety-Nines, un’organizzazione di aviatrici, presentando un design molto più versatile costituito da pantaloni larghi, ampie tasche e una parte superiore con cerniera e 9 incastri sul pettorale: una soluzione che non venne adottata ufficialmente, ma grazie alla quale Amelia Earhart ebbe la conferma del suo intuito in fatto di moda, tanto di vedere due pagine dedicate alla sua creazione su Vogue. Ma l’idea di una vera e propria linea di moda nacque con il supporto di un’altra donna iconica degli anni ’30, nonché una delle principali fautrici della rivoluzione sociale e femminile: Elsa Schiaparelli.
La leggendaria stilista fece infatti visita all’aviatrice, con cui discusse della necessità di abiti pratici e sportivi, per una vita attiva e degna delle aspettative di comfort e stile contemporaneo: la Earhart iniziò a produrre la sua linea di abbigliamento nel 1933 tra le quattro mura della sua suite all’Hotel Seymour di New York, il cui spazio di lavoro includeva solo una macchina da cucire e un manichino, e con l’aiuto di un’unica sarta. Il debutto ufficiale del brand sugli scaffali avvenne da R.H. Macy & Co. a New York sotto il nome di Amelia Earhart Fashions, venduto in 30 grandi magazzini a livello nazionale, e la linea di abbigliamento comprendeva 25 capi che includevano abiti, pantaloni, gonne e capispalla. Ognuno dei quali presentava un’etichetta con la firma della pilota in nero, sovrapposta a un aereo rosso che sfrecciava da sinistra a destra.
La linea di abbigliamento era innovativa, eccentrica in un certo senso, e soprattutto rispondeva alle esigenze pratiche della donna moderna: un’estetica d’avanguardia che da un lato non si discostava particolarmente dalle tendenze degli anni ‘30 – espresse da icone dell’epoca come Marlene Dietrich e Katharine Hepburn – ma, dall’altra, parlava di sperimentazione creativa e futuro. Ne sono uno splendido esempio i materiali non convenzionali utilizzati in alcuni dei design di Amelia Earhart, come la tela dei paracadute e i tessuti con cui venivano coperte le ali degli aeroplani. Delle scelte iconografiche e materiche che riflettevano la novità portata avanti, sino alla forma dei bottoni, delle minuscole eliche.
Inoltre, tra i capi maschili – che in quegli anni i più grandi designer rivisitarono da una prospettiva femminile – l’aviatrice introdusse le camicia con coda più lunga, sino a quel momento una caratteristica esclusiva del menswear: il classico dettaglio che fece la differenza, permettendo alle donne di muoversi più liberamente senza che niente di indesiderato si slacciasse. «Ho deciso che se chi indossa le camicie che ho disegnato, se per qualsiasi motivo volesse per stare in piedi, potrebbe farlo perché c’è ancora abbastanza tessuto!» dichiarò la Earhart, come riportato in The Quotable Amelia Earhart.
Nonostante l’ondata di innovazione che portò con sé, purtroppo la linea d’abbigliamento non «decollò» come si avrebbe voluto: le famiglie di tutto il paese infatti, stavano lottando con le ricadute della Grande Depressione, avendo quindi ben poca disponibilità economica per l’abbigliamento e privilegiando i marchi più conosciuti e di media gamma. Questo è forse il motivo principale per cui la linea moda è un aspetto poco conosciuto della vita e della carriera di Amelia Earhart, che tuttavia non fu affatto un completo flop: nel 1934, la pilota venne riconosciuta dai Fashion Designers of America come una delle 10 donne meglio vestite del Paese, e i suoi design influenzarono notevolmente l’industria moda dell’epoca e dei decenni a venire, arrivando sino ad oggi. In che modo? Chiedetevi a chi si ispira l’ultima tuta, pantalone e giacca-camicia in stile utility che avete adocchiato in un qualsiasi negozio. Ora sapete come, e soprattutto grazie a chi, questo filone di stile ha avuto inizio. Ma anche dove: a centinaia di metri da terra.
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