Moda e tecnologia hanno da sempre un forte legame. Le tendenze nascono dalle nuove scoperte in fatto di materiali e, viceversa, le novità più innovative in questi termini influenzano in continuazione le nuove collezioni moda. La storia che vogliamo raccontarvi questa settimana, tuttavia, non riguarda un trend effimero, ma un «outfit» entrato nella storia (e non solo quella della moda) proprio per via della sua concezione tecnologica, che ha permesso all’uomo… di sbarcare sulla Luna. Parliamo della tuta spaziale indossata da Neil Armstrong sull’Apollo 11, il cui design è stato progettato da un’azienda fashion estremamente celebre: la Playtex, nota per la produzione di reggiseni e guaine sin dal suo lancio, nel 1947.
Impossibile dimenticare l’iconica cover dell’astronauta su Life, in un’immagine che lo ritraeva sulla luna riportando il titolo To the moon and back (fino alla Luna, e tornando indietro): una fotografia scattata del pilota del modulo lunare Buzz Aldrin che, come tutto l’equipaggio, indossava la tuta spaziale ideata da Playtex specialmente per l’EVA, attività extra veicolare. Un salvagente per tutti gli astronauti della missione, ma anche una vera e propria protezione sulla superficie lunare, dalle radiazioni solari così come dalle temperature estreme. La tuta spaziale su misura di Armstrong, modello A7L, presentava il numero di serie 056, e il suo costo all’epoca era stimato a circa 100mila dollari, a cui si dovevano aggiungere casco, guanti e uno zaino per l’ossigeno: praticamente, una piccola astronave da indossare. Ma perché è stata proprio un’azienda specializzata in reggiseni a dare vita a questo fondamentale pezzo di moda e tecnologia?
Le tute spaziali vennero create dalle sarte della International Latex Corporation – il nome ufficiale della Playtex – e, a quanto pare, l’azienda iniziò ad adattare la sua esperienza in fatto di guaine e reggiseni alla ricerca sull’abbigliamento pressurizzato, proprio perché notò l’apertura di un «nuovo mercato» nella corsa allo spazio. Una ricerca impegnativa, indubbiamente, che tuttavia valse la pena di essere intrapresa. Le tute erano il risultato di un mix perfetto tra tecnologia all’avanguardia e artigianato tradizionale. Mentre la maggior parte dei materiali adoperati nella produzione esisteva molto prima del programma Moon, uno di questi è stato inventato appositamente per la missione: dopo che un incendio di un veicolo spaziale uccise tre astronauti dell’Apollo durante un test a terra nel 1967, la NASA stabilì che tutte le tute dovessero resistere a temperature di oltre 1000 gradi Fahrenheit. La soluzione? Un nuovo tessuto innovativo chiamato tessuto Beta, realizzato con microfibre di vetro rivestite in teflon, utilizzato per lo strato più esterno della tuta.
La sfida più difficile per l’International Latex Corporation di Dover fu quella di contenere la pressione necessaria per sostenere la vita umana (circa 170 chili per pollice quadrato di ossigeno puro), pur mantenendo una flessibilità sufficiente e consentire la libertà di movimento degli astronauti. Gli ingegneri dell’azienda, tuttavia, avevano anni di esperienza negli indumenti di gomma – ovvero, reggiseni e guaine – e inventarono un giunto a soffietto, chiamato convoluto, in neoprene rinforzato con nylon tricot. Una scoperta rivoluzionaria, che permetteva a chi la indossava di piegarsi su spalle, gomiti, ginocchia, fianchi e caviglie, attraverso uno sforzo relativamente ridotto. Inoltre, vennero utilizzati dei cavi aeronautici in acciaio in tutta la tuta, assorbendo così le forze di tensione e aiutando a mantenerne la forma anche sotto pressione. Il lavoro delle sarte della Playtex poi, fu il tassello essenziale per la riuscita della missione.
È grazie alla loro precisione senza pari che l’uomo mise piede sulla luna: gli standard di sicurezza della NASA erano infatti estremamente fiscali, tanto che, in ogni abito confezionato a mano, un errore di cucitura piccolo come 1/32 di pollice poteva fare la differenza tra la vita e la morte di un astronauta, se non si fosse trovato l’errore prima della partenza. Come disse Neil Armstrong all’epoca: «Le tute spaziali erano come mini astronavi. Se quelle tute fallivano, sarebbe andata così. Tutto finito». Una responsabilità talmente grande da pesare enormemente sull’ansia da prestazione delle sarte: una di loro, Anna Lee Minner, in un’intervista alla CBS dichiarò persino di aver pianto ogni sera a casa, al ritorno dal lavoro, consapevole che dalla sua precisione dipendesse la vita di una persona. Come sappiamo, tuttavia, andò tutto bene ed è anche grazie all’estrema dedizione che la moda artigianale rappresenta da sempre, che l’umanità potè compiere questo «grande passo» .
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