Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry
Auroboros, la collezione digitale Biomimicry

Se, con l’avvento dei social media, il rapporto tra esseri umani e la socialità in genere ha subito una metamorfosi (a dir poco) radicale, la pandemia che ha preso piede da più di un anno in tutto il mondo è stato un vero e proprio acceleratore su questo processo già in atto. Certo, le persone avevano già iniziato a vivere gran parte della propria quotidianità online, compreso il proprio ecosistema di relazioni, ma i lockdown e tutte le restrizioni a quelli che sino a poco tempo fa consideravamo come normali contatti umani hanno dato vita a dei nuovi e curiosi fenomeni. A esserne investita anche la moda, strumento essenziale nella relazione tra il sé e la società: se le occasioni per esprimersi attraverso l’abbigliamento scarseggiano nella vita reale, ciò che ci rimane è provare a farlo con i mezzi virtuali. In quest’ottica, voi spendereste mai del denaro (vero) per dei look da indossare e condividere solo nella dimensione digitale? O ancora, acquistare dei capi digitali per poi decidere, solo in un secondo momento, di avere nell’armadio anche la loro versione tangibile? Perché, se ancora non ne eravate a conoscenza, questo è già possibile.

È qualcosa che va ben al di là del gaming trend, anch’esso sviluppato in nuove e sorprendenti forme negli ultimi mesi: a essere sempre più interessante per gli utenti non è tanto la possibilità di vestire il proprio avatar, ma sé stessi. Dal punto di vista dei brand invece, il medium digitale è in questo senso sempre più appetibile sia per campionare i capi e condividere le proprie idee con team internazionali, evitando viaggi superflui, che per rendere, di conseguenza, più veloce il tempo di produzione e arrivo sul mercato.
Le nuove tecnologie di progettazione, tra cui quella 3D – già usata, tra gli altri, da Tommy Hilfiger e Levi’s – sono portate avanti in maniera innovativa anche dai nuovi designer, con un’ulteriore attenzione alle implicazioni sostenibili di questo processo: tra coloro che stanno apportando grande valore all’industria in questo senso, permettendo a chiunque di sfoggiare delle splendide (e in questo caso, fantasiose) creazioni di moda digitali, troviamo Auroboros, duo di designer formato da Paula Sello e Alissa Aulbekova.

Il loro brand è stato lanciato con il supporto della Sarabande Foundation di Alexander McQueen nel 2020, e il suo approccio vede da una parte l’ispirazione «naturale», sia nell’estetica che nei materiali, con la loro futuristica Biomimicry, una concezione 100% organica che vede i capi d’abbigliamento cambiare nel tempo, per via del processo di ossidazione. Dall’altra, una progettazione della moda digitale estremamente all’avanguardia, che permette al futuro cliente di provare i capi come se li avesse addosso, immergendosi nell’universo del brand, ed evitare sprechi nella produzione: «Passando al digitale, l’industria della moda ha la possibilità di adottare un processo di progettazione e produzione molto diverso, dall’inizio alla fine», hanno dichiarato le designer «Il nostro mestiere è un straordinaria forma di liberazione ed espressione creativa. Auroboros sta cambiando la mentalità e il linguaggio visivo della sostenibilità promuovendo la bellezza delle collezioni digitali insieme al suo potenziale per ridurre le emissioni di carbonio».

All’inizio dell’anno inoltre, il duo ha debuttato con la sua collezione di prêt-à-porter digitale in un’esclusiva partnership con DREST (nella gallery i modelli virtuali indossati da persone reali) diventando il primo brand digitale ad essere lanciato sull’app senza una controparte di capi d’abbigliamento reali, come fatto in passato da Gucci e Prada. Un nuovo concetto, quello della cyber couture, che offre numerose potenzialità, da divulgare e su cui ragionare per un futuro che, ormai, è letteralmente dietro l’angolo: «Per andare avanti nello spazio digitale, i brand dovranno utilizzare sempre più la tecnologia per esprimere la propria identità» hanno continuato poi le designer di Auroboros «si tratta di un mezzo di comunicazione per produrre, creare e sperimentare la moda in modo sostenibile. L’industria deve iniziare a normalizzare questo approccio all’abbigliamento».

Un approccio da cui sembra aver preso ispirazione anche il marchio londinese Appeal to Heaven, che ha debuttato solo qualche giorno fa con una collezione, Antares, ispirata alle stelle, e per cui ha collaborato con l’artista digitale Ruby Gloom per progettare avatar futuristici basati su modelli di vita reale. Ora, considerando che presto potremmo porci questa domanda di fronte a una nuova modalità di shopping, tanto vale chiedercelo già da ora: saremmo disposti ad acquistare dei look da condividere virtualmente?

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